Circolo polare Artico

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Sembra che il primo uomo civilizzato che navigò da quelle parti fosse un avventuriero cosacco: siamo nel 1648. Il secolo seguente, lo zar Pietro il Grande, e successiva­mente la di lui vedova, Caterina, desiderando saperne di più sul conto di quell'estrema parte ghiacciata del mondo, affidarono a un navigatore danese, Vitus Bering, l'incarico dell'esplorazione. Bering ci mise due anni. Scoprì la catena della Aleutine, sbarcò in Alaska, compì ricognizioni a terra; si spinse così ad oriente da scorgere il gruppo dell'altissimo monte Sant'Elia. A fermarlo fu lo scorbuto. Bering riuscì a sbarcare in un isolotto, una terra disabitata, priva di risorse dove 1'8 dicembre 1741 morì.

Dato che siamo in tema di scoperte, ricordiamo, nel secolo precedente, i viaggi dell'Inglese Henry Hudson. Il 22 aprile 1608, Hudson partiva con un piccolo equipag­gio, avendo lo stesso obiettivo che aveva avuto in una precedente spedizione: così attraversò il mare di Barents, toccò le isole della Nuova Semlia e si inoltrò nell'Oceano Artico quel tanto che gli fu permesso dai ghiacci e dalla rigidezza del clima. In una successiva spedizione, egli tentò di raggiungere l'Asia attraverso l'Artico. Da questa spedi­zione non fece più ritorno: l'equipaggio ammutinato lo fece sbarcare a forza dalla nave e lo abbandonò in un'iso­letta con una cassa di farina, un fucile e una piccola barca. Da allora nessuna notizia si ebbe più di questo grande navigatore inglese.

Altro famoso esploratore inglese: il capitano James Cook. Cook si avventurò sin nel golfo dell' Alaska nell'inse­natura su cui sorge oggi la città di Anchorage.

A sua volta l'Italiano Alessandro Malaspina, ufficiale della marina spagnola, nel 1791 concluse un interessante lavoro di ricognizione nel Nord Pacifico, spingendosi fino all'Alaska: esplorò tra l'altro il colossale ghiacciaio del monte Sant'Elia che precipita in mare con un fronte alto trecento metri.

Ma il vero pioniere dell' Artico è e resta Nansen, oceanografo, zoologo, esploratore, e persino artista. Le prime informazioni scientifiche sul mondo artico le abbiamo da lui: i suoi uomini eseguivano letture meteorologiche, a bordo della famosa nave Fram, ogni 4 ore giorno e notte. Siamo alla fine del XIX secolo.

Nel 1897 anche !'Italia volle mettere il naso da quelle parti: lo fece con la famosa spedizione di Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi. Insieme con otto compagni il principe scalò il gigante dell'Artico: il monte Sant'Elia.

« Raggranello un po' di soldi, mi costruisco una nave, ingaggio un equipaggio, e vado diritto a scoprire il Polo Nord» così disse Roald Amundsen. Non ci riuscirà. Ci riuscirà invece l'Americano Peary, con una spedizione che sbalordì il mondo quando nel 1909 raggiunse il Polo Nord.

Ricordiamo la presenza italiana al Polo, con la trasvo­lata artica del dirigibile Norge, costruito in Italia, acquistato dalla Norvegia e comandato dal colonnello Umberto Nobile. Nobile ripeterà l'operazione nel 1928 con il dirigi­bile Italia: spedizione che terminerà con una catastrofe.

L'ultimo in ordine di tempo ad esplorare il Polo Nord, è stato, com'è noto, il sommergibile atomico americano Nautilus al comando di Williams R. Anderson. Ciò che i suoi predecessori avevano fatto in superficie, il « Nautilus» lo ha compiuto in immersione.

Non possiamo infine dimenticare colui che immaginò con la sua fervida fantasia ciò che gli altri realizzarono: il capitano Nemo di Jules Verne: anche lui a bordo di un sommergibile chiamato Nautilus. Ci sono delle somiglianze tecniche tra i due Nautilus? Il Nautilus del capitano Nemo era lungo 94 metri; quello di Anderson, 107; il diametro del sommergibile del capitano Nemo era di 9 metri; quello di Anderson di 8; ambedue erano forniti di una ricca biblioteca. Il Nautilus di Nemo era azionato dall'energia elettrica generata dall'acqua del mare, il che gli permetteva di rimanere sommerso per lunghi periodi. Il Nautilus di Anderson era azionato da energia atomica: il che gli per­mise di compiere in immersione la traversata del Polo Nord.

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Tratto da : "SUGLI OCEANI", Volume I - Edizioni Ferni, Ginevra 1976
Testi di : <<Max Polo ; Anna Maria Boschetti>>